Una storiografia ormai ampia studia da dieci decenni l’opera dei magistri dei laghi di Lombardia, in particolare del Comasco e del Luganese, nell’intera Europa, perlomeno dal xv al xix secolo. Degli artisti, pochi, e artigiani, innumerevoli, gli storici dell’arte rievocano, attraverso i materiali d’archivio residui e le realizzazioni superstiti, le consorterie, le botteghe, gli itinerari, le fortune – o traversìe – e gli stili. Solo di recente invece una corrente s’è volta all’indagine dei loro profili più individuali e comunitari, evidenziandone vicende personali e familiari, dinamiche sociali, lasciti patrimoniali, basandosi specie su atti pubblici, resoconti, cronache, peraltro rari e in genere poco espliciti. in questo senso, l’occasionale ritrovamento del Libro delli Dinari di Giovanni Domenico Lucchese – un registro contabile autografo per il periodo 1648-’65 e di mano del lontano cugino Bartolomeo Lucchese per quello 1665-’70 – si rivela contributo di eccezionale interesse. Dalle pagine del libro mastro di quell’apprezzato stuccatore, nativo di Melide e attivo nei territori delle Corone absburgiche, non solo si ricavano infatti informazioni su una vivace gestione di denari e beni, ma si colgono squarci di vita di un borgo e dei suoi abitanti; dettagli per una comparazione delle disponibilità private e collettive di una doviziosa famiglia di fabbricieri e decoratori della regione del Ceresio, la più rappresentativa, nel settore, dell’attuale Ticino; notazioni sui rapporti interpersonali, in primis con il fratello Filiberto Lucchese, celebre architetto e ingegnere. il documento dunque, oltre al valore intrinseco per la quasi unicità, finisce per rivestire un significato più ampio per la ricerca, ed esattamente in quest’ottica si indirizza la presente edizione critica.