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Lettere alla madre dall’esilio in Svizzera (1943 – 1945)

Pagine : 298


Formato: 16×23 cm


Lingua: Italiano


ISBN: 978 88 7967 144 8


PDF: Flyer di presentazione

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Informazioni autore

BSSI n. 6 Lettere alla madre

Si tratta di un diario epistolare di grande interesse, perché da un lato ci ricorda le vicende umane di un rifugiato ebreo e dall’altro racconta con grande efficacia il significato umano e sociale della vita trascorsa nei campi di internamento allestiti dalla Confederazione per ospitare le migliaia di rifugiati che sul suolo svizzero cercarono la propria salvezza in quei drammatici anni. La Svizzera, che nel 1941 contava 4,3 milioni di abitanti, alla fine della guerra avrebbe accolto complessivamente 295.000 rifugiati. La politica di chiusura messa in atto in quel periodo si rivelò particolarmente grave nel 1942, perché le frontiere svizzere erano le più facilmente raggiungibili e perché essa negò l’entrata a migliaia di profughi, molti dei quali andarono poi in contro alla morte. A poco a poco, ma soprattutto dopo il settembre 1943 quando i rifugiati italiani (dapprima i militari, 20.000, poi i civili, quasi 4.000) si presentarono in massa alla frontiera meridionale del Paese. E alla fine del 1943 furono ammessi anche i rifugiati ebrei – oltre 6.000 – in fuga dalle persecuzioni messe in atto in Italia. Fino al 1938 i profughi provenienti dalla Germania o dall’Europa centrale non potevano restare in Svizzera che per un tempo molto breve, prima di emigrare altrove. Dopo il luglio 1942 i fuggiaschi entrati illegalmente nel territorio elvetico e accolti come rifugiati furono autorizzati a restare fino al termine della guerra e fu per loro che venne creata la rete dei campi d’internamento, vero e proprio Stato nello Stato. Queste Lettere furono scritte quotidianamente, su tre grossi quaderni di scuola, da Giulio Mortara alla madre, esse ci offrono una testimonianza di grande valore su come i rifugiati civili vissero la loro presenza in Svizzera e completano perciò le conoscenze su molti aspetti del nostro controverso passato. Giulio Mortara ci racconta infatti con rara efficacia della vita che migliaia di persone conducevano all’interno di questo piccolo «Stato» sorto nella Confederazione, anche perché lo fa con le parole di un colloquio condotto, con grande affetto e molta finezza, giorno per giorno con la madre lontana.